Note di Filosofia del Valore
NOTE DI FILOSOFIA DEL VALORE
del prof. Giacinto Auriti
“ Lo spazio coincide solo col presente, tutto il resto è tempo ! “
Tutte le scuole di scienze sociali ed economiche si sono trovate, finora, nell'impossibilità di realizzare una seria indagine scientifica perché mancavano dei presupposti di filosofia del valore assolutamente indispensabili per conoscere e definire l'oggetto stesso della loro ricerca.
Poiché ogni serio procedimento scientifico, libero dalle banali e gratuite costruzioni del pragmatismo empirico, muove dalla precisazione di un postulato iniziale la cui veridicità può essere solo constatata e non dimostrata, noi assumiamo il postulato che il valore è un rapporto tra fasi di tempo. Così, ad es., la penna ha valore perché si prevede di scrivere, il coltello ha valore perché si prevede di tagliare, la moneta ha valore perché si prevede di comprare, ecc.. Sicché il valore è il rapporto tra il momento della previsione ed il momento previsto.
Posto che il tempo è l'io che si pone come realtà in quanto capacità in atto di ricordare, constatare e prevedere, potrebbe sembrare, a prima vista, che non esiste una dimensione oggettiva del tempo perché coincidente con l'io pensante. Ci si rende conto, invece, che esiste il tempo oggettivo purché si tenga conto del fondamentale principio ermeneutico della precisazione del punto di osservazione della realtà. Poiché la costante del tempo è il presente che è l'io pensante nella sua continuità vitale, il momento ricordato e quello previsto non sono ovviamente il presente: sono tempi pensati e non pensanti. Il punto di osservazione della realtà è l'IO PENSANTE. Lo spazio è il momento oggettivo del presente. Lo spazio, infatti, coincide solo col presente. Tutto il resto è tempo. Sicché, quando i monetaristi pretendono di definire il valore come una proprietà della materia - ad es. il valore intrinseco dell'oro considerato come proprietà del metallo - cadono nell'insanabile errore di considerare il valore nella dimensione dello spazio e siccome abbiamo evidenziato che il valore è sempre una previsione cioè una dimensione del tempo, cadono nell'assurda pretesa di andare alla ricerca del valore dove non c'è.
Anche l'oro ha valore per convenzione, cioè per la previsione della accettazione altrui come condizione della propria accettazione come misura del valore e valore della misura. Anche nell'oro, tradizionalmente utilizzato come simbolo monetario, si è verificato il fenomeno dell'induzione giuridica. L'oro, come ogni moneta anche se costituita da simboli di costo nullo, è una fattispecie giuridica. Solo su queste premesse è possibile porre la distinzione fondamentale tra fisiologia e patologia del valore, come presupposto di tutte le categorie scientifiche, in cui il ricercatore deve avere la piena consapevolezza che la sua capacità conoscitiva è normale nel coordinamento ordinato e contestuale della dimensione temporale e spaziale. Il giudizio di valore è normale solo se si distingue il momento strumentale: oggettivo, dal momento edonistico: soggettivo.
Ciò significa che il giudizio di valore è normale solo se si basa su una concezione dualistica di filosofia della conoscenza che distingue tra soggetto ed oggetto. Il momento strumentale è il momento oggettivo del valore perché è il momento soggettivo del tempo. Esso coincide sempre col presente, cioè con l'io pensante. Il giudizio di valore è anormale quando si confonde il momento strumentale con quello edonistico, cioè quando, in applicazione della concezione monistica di filosofia della conoscenza che riduce la realtà all'idea della realtà, si confonde l'oggetto col soggetto e quindi il momento strumentale, oggettivo con quello edonistico, soggettivo.
La conseguenza macroscopica di questa deformazione del giudizio di valore è il fenomeno della personificazione dello strumento che ha determinato, nel diritto societario, la sconvolgente MALATTIA CULTURALE della c. d. soggettività strumentale per cui la società non è considerata come l'insieme dei soci legati dal rapporto organico, ma come concetto senza contenuto umano: vero e proprio fantasma giuridico. Stato costituzionale, stato, banca, ne sono macroscopiche testimonianze. Il vero ed inconfessabile scopo della strategia culturale che ha concepito e realizzato il fenomeno della soggettività strumentale, è stato consentire alle società strumentalizzanti la mostruosa rappresentanza organica del momento edonistico del valore, che è il capitalismo. Come dire che mentre il popolo assume la funzione di avere fame, il Governo assume quella di mangiare in rappresentanza del popolo.
L'esperienza storica del razionalismo hegeliano ci ha insegnato che il monismo è stato strumentalizzato per confondere l'oggetto col soggetto, cioè l'io col non io, ossia l'io col tu e il mio col tuo, perché il tuo possa diventare mio. Poiché non è concepibile uno strumento senza chi lo adoperi, così come non è concepibile un'automobile senza un autista, non è concepibile una soggettività strumentale senza una società strumentalizzante che è la Massoneria nello Stato costituzionale, la Nomenclatura nello Stato socialista, il Sindacato di maggioranza degli azionisti nella Società anonima, o nella multinazionale. Ridotto il concetto di società a strumento, cioè a concetto senza contenuto umano, la conseguenza ineluttabile è stata la sostituzione della regola del servirsi a quella del servire (proprio della società organica e del diritto naturale) perché è ridicolo pensare che si possa servire uno strumento. Sostituire la regola del servirsi a quella del servire significa sostituire al principio del "conviene essere giusti" il principio del "è giusto quello che conviene". L'interesse sociale non può qui coincidere con quello dei soci, perché la "società strumentale" non è "I soci". Si maschera, così, sotto la parvenza di interesse sociale, quello di un fantasma giuridico che altro non è che il paravento delle grandi mangiatoie delle società strumentalizzanti.
Ecco perché, con l'avvento delle soggettività strumentali, si sono vissuti e si vivono necessariamente solo tempi di decadenza, perché comandano i peggiori.
Su queste premesse, si spiega il fenomeno di tangentopoli che non può essere considerato come occasionale aumento statistico di delinquenza politica, ma come segno dei tempi. E la proiezione storica della grande malattia culturale del monismo hegeliano. Essendosi ridotta la realtà all'io pensante, si è conseguentemente ridotto il concetto di utilità all'utilità dell'io e si è, quindi, confuso l'utilità con l'egoismo.
Gli strumenti utilizzati per l'instaurazione della mostruosa rappresentanza organica dei momento edonistico del valore sono stati essenzialmente gli Stati costituzionali (sia liberali che socialisti), le Banche centrali, le Società anonime e le Multinazionali. Poiché il godimento dei beni si realizza praticamente nel diritto di proprietà - che è appunto "godimento dei beni giuridicamente protetto" - il capitalismo ha realizzato l'espropriazione dei popoli, o con la norma costituzionale degli Stati socialisti nel capitalismo di Stato, o con la moneta nominale (che è moneta-debito perché emessa in prestito dalle Banche centrali) nel capitalismo usurocratico degli Stati liberali, o col conferimento del capitale nelle Società anonime in cui si trasforma il socio da proprietario in azionista, cioè creditore di un credito inesigibile pari a tutto il capitale conferito. In tutte queste fattispecie, il comun denominatore è che la proprietà diventa apparentemente di un fantasma giuridico, sostanzialmente delle società strumentalizzanti: la Nomenclatura, negli stati socialisti, la Massoneria, in quelli liberali, il Sindacato di maggioranza del pacchetto azionario (che non ha nulla a che fare con la maggioranza degli azionisti) nelle c. d. società di capitali: essenzialmente banche e multinazionali.
Su queste premesse ci si rende conto che la collettività umana vive, oggi, in un sistema che ha le prerogative dell'allevamento di bestiame e non quelle della società degli uomini. Ciò è stato possibile perché si è realizzata una strategia di dominazione mediante una cultura iniziatica, basata su principi di etica economicistica.
Tratto da CHIESAVIVA Luglio-Agosto 2001