Auriti, Marx e gli errori di Paolo Bogni
di Sara Lapico
( 21/04/2016)
Puntualizzazioni all’ Associazione Caposaldo.
Conferenza “che cos’ è il capitalismo”.
Preliminarmente riportiamo la definizione fornita da Treccani alla voce, “capitalismo”: in senso stretto: “proprietario di capitali”.
Il relatore Paolo Bogni muove a carico di Giacinto Auriti le critiche seguenti durante il convegno " Che cos'è il capitalismo" ( clicca sul titolo per vedere il video del convegno) :
1. “sottovaluta il plusvalore come meccanismo criminale e sfruttatore all’ interno del ciclo produttivo”.
2. “travisa il pensiero filosofico e di Hegel e di Kant quando per esempio, è lui stesso che rintraccia l’ apriorismo del valore che viene dato dal banchiere moderno, e che è piu’ un elemento portante del pensiero di Kant che non di Hegel, pero’ incolpa Hegel”
3. “indulge in un anticapitalismo sterile ed incompleto come quello della dottrina
sociale della Chiesa….che non affonda mai contro la proprieta’ privata dei mezzi di produzione come elemento che va a determinare quel plusvalore che costituisce
sfruttamento che è messo in opera da quella moneta debito che entra nel circolo
produttivo” .
Sul punto 1) non concordiamo.
Se ci fermassimo a considerare la definizione di capitalismo, potremmo liquidare in fretta la questione, evidenziando come fa il relatore della conferenza, che : “la moneta è la potenza costitutiva di tutto il circolo” (ndr spirale moneta-debito) (min 33.14 video 2/11).
Ne consegue logicamente che, dovendo reperire a debito un fattore della produzione di primaria importanza, l’ imprenditore non potrebbe, strictu sensu, definirsi ”capitalista, risultando anch’ egli sfruttato e dunque non sfruttatore.
Marx nella sua analisi si concentra sul plusvalore, senza considerare il fattore che sta a monte e che è il vero detonatore delle crisi.
“Un piccolo errore di valutazione all’ inizio, diventa grande in fine”.
Auriti ha il merito di aver riportato il focus sul vero imputato che non è il plusvalore di Marx, ma la moneta debito.
Egli infatti afferma come solo il banchiere puo’ determinare periodi di deflazione e/o inflazione, e costringere le imprese a chiudere o tagliare i salari (la situazione di crisi attuale lo dimostra incontrovertibilmente).
Mentre l’ analisi di Marx è condotta in un’ ottica meramente materialista ove il plusvalore risulta succube del simbolo monetario ed in esso intrappolato, Auriti va ben oltre integrando la definizione di moneta proposta da Aristotele da “misura del valore” a “valore della misura” cogliendo, come nessun altro prima, l’ aspetto mentale del valore che viene generato dall’ uomo e che viene solo rappresentato dal simbolo monetario.
E’ qui che sta la forza del pensiero auritiano.
Continuare a ragionare in termini antagonisti, non fa che alimentare la disgregazione sociale.
L’ uomo grazie alla capacita’ di previsione mossa dai propri desideri o necessità, produce valore, non lo sottrae.
Separando dunque la misurazione monetaria del lavoro da quello di merce, si eviterebbero inutili conflitti sociali e la società potrebbe consumare la totalità dei beni prodotti.
Punto 2) anche qui occorre una precisazione.
L’ obiettivo di Auriti era principalmente quello di comunicare l’ essenza della truffa monetaria a quante piu’ persone possibile.
Per far questo egli non poteva esimersi dal filosofeggiare ma, come egli espressamente dichiara : “ occorre fare quel tanto di filosofia che basta” (per raggiungere la gente ndr).
Pertanto Auriti fa un generico accenno alla filosofia idealista per esprimere come, muovendosi dal mondo delle idee, è stato facile giungere all’ egoismo.
Certamente lo Stato liberale è stato concepito da Kant ponendo le fondamenta della “competitivita’ individuale, ove lo Stato è assente.
Per realizzare tale concetto di Stato, pero’ , occorre approntare lo strumento opportuno.
Ed è qui che Auriti chiama in causa Hegel, spiegando come attraverso l’ inversione tra oggetto e soggetto si realizzi lo strumento personificato, ovvero il mezzo attraverso il quale le élites si servono del popolo.
Non concordiamo neanche con la critica al Punto 3)
Auriti fa riferimento alla dottrina sociale della Chiesa per smascherare l’ anacronismo del regime comunista il quale, lungi dall’ essere “comunione” come nell’ accezione cristiana, è invece un sottile meccanismo per trasferire tutti i beni e le proprietà dal popolo alla classe dominante.
L’ ex Unione sovietica ne fu il perfetto esempio.
Sul punto della proprieta’ Auriti non solo si epresso ma lo ha fatto anche chiaramente.
Auriti spiega ,infatti , come ogni norma giuridica ha un duplice contenuto, ossia il “bene” oggetto della norma e la titolarita’ del diritto stesso.
Celebre è la sua frase : “cosa interessa al popolo di avere una legge che garantisce la proprieta’ quando esso non ha i mezzi per procurarsela”.
Occorre sempre tener presente che Auriti parla da un punto di vista dualistico avendo cura di far coincidere il bene materiale con benessere spirituale.
In tale ottica appare chiaro ,pertanto, che il l patrimonio o è del cittadino o di chi lo governa.
La critica anticapitalistica è tutto fuorché sterile.
Auriti infatti è molto concreto nel proporre soluzioni al problema che lucidamente analizza.
Lo strumento nuovo che viene proposto è quello della proprieta’ di popolo.
Una volta realizzata la proprietà del portatore della moneta, Auriti propone di riconoscere in costituzione il potere produttivo statale.
Il secondo passo è quello di attribuire a ogni cittadino un diritto soggettivo non trasmissibile, che riconosca ad ognuno una quota di reddito del patrimonio gestito dallo Stato , non di proprietà dello Stato.
Tale soluzione oltre a restituire certezza del domani a ogni persona, avrebbe il merito di ricostituire lo spirito nazionale.
Ogni cittadino si sentirebbe .infatti, parte integrante del tutto ed in prima persona avrebbe interesse a evitare cattive gestioni di un patrimonio che sarebbe ,ora si’, davvero pubblico, tutti proprietari.
( cliccando sull'immagine si può vedere il video del convegno )