Il Fascismo e i problemi della razza
Il Fascismo e i problemi della razza
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"Le razze umane esistono. La esistenza delle razze umane non è già una astrazione del nostro spirito, ma corrisponde a una realtà fenomenica, materiale, percepibile con i nostri sensi. .."(1).
È davvero interessante questa cosa dell'esistènza, che esìste sia per i pàdri costituènti, all'Art.3 della carta costituzionale, che per i firmatàri del precedente Manifesto della razza. Molto interessante è proprio il concetto di esistènza, che incredibilmente assegna valenza ontica ad una "realtà fenomenica e materiale". Infatti, se come si afferma la razza è un fenomeno fisico, materiale, sensibile, e quindi inopinabilmente accidentale, allora qualora lo si voglia poi, anzi, a priori, assimilare al volksgeist, al celeberrimo spirito del popolo, che invece è totalmente, anzi essenzialmènte, astrazione trascendentale, saremmo di fronte ad una incongruenza, a una vera e propria contradictio in terminis.
La qual cosa, eufemisticamente, non è certo rara a manifestàrsi, nella dialèttica del "nulla è, tutto diviene", nell’eterno ouroborico incontro tra estremità eternamente contrapposte, che Hegel e compagnia cantante hanno bellamente scopiazzato dal pensiero greco arcaico e precedenti mitologie iraniche. La cosa più probabile è che i firmatari e ancor prima i redattori del famigerato manifèsto non avessero, insieme a parecchi altri in Italia e altrove, la più pallida idea di quel che dicevano, confermando perlomeno Sartre, secondo cui l’esistenzialismo è una concezione materialistica.
Lo stesso concetto di nazione è del tutto trascendentale e strettamente collegato alla differenza ontologica e alla definizione di Ente, di cui si occupò fra gli altri proprio Heidegger, quello che a un certo punto si prese ben più di una semplice sbronza, in contrapposizione al biologismo della razza che promana da vari testi nazisti fra cui il mein kampf ma anche da testi pseudo religiosi di matrice sionista. È questa la dialèttica del principio di contraddizione. È l'eterno ritòrno, il divenìre dell'uomonuòvo, il nichilismo di scuola nicciana che accomuna il futurìsmo antifascista disinìstra delle "comunità di eguali" a quello didèstra e nazista delle "comunità di sangue", sostituendo la differenza ontologica con una pretesa differenza ideologica tra due modi contrapposti di esprimere lo stesso, identico ideismo mentecatto.
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Art.1 de Il "Manifesto della Razza", 1938, https://it.wikipedia.org/wiki/Leggi_razziali_fasciste.
Antropocentrismo dialèttico
"L'arme della critica non può certamente sostituire la critica delle armi, la forza materiale dev'essere abbattuta dalla forza materiale, ma anche la teoria diviene una forza materiale non appena si impadronisce delle masse. La teoria è capace di impadronirsi delle masse non appena dimostra ad hominem, ed essa dimostra ad hominem non appena diviene radicale. Essere radicale vuol dire cogliere le cose alla radice. Ma la radice, per l'uomo, è l'uomo stesso"(2).Come nella fattispecie dell'antinomia dell'eterologicità, l'ego trascendentale è quell'astrazione eterologica che nel "mercato", come nel caso dello Stato o di un insieme di questi come l'unione europea o una federazione, viene utilizzata come soggetto altro rispetto alle entità che lo compongono ma al contempo come insieme appartenente a sé stesso. Feuerbach ci aveva azzeccato in pieno, quando affermava che l'idealismo assoluto è una formula teologico panteistica. Finché l'autologica rimane tale non c'è antinomia, che non si presenta nemmeno se questa autologicità non si riferisce solo a sé stessi. Il problema nasce quando si vuole definire come eterologico, ovvero non appartenente a sé stesso, un concetto che viene utilizzato come soggetto alla proprietà di appartenenza. Questo avviene nel caso dell’appartenenza di un ideale politico che nasce da una mitosi, da una sorta di riproduzione asessuata di una forma idealistica precedente con la quale si controidentifica pur mantenendone i fondamenti, ma anche, ed è la cosa a cui si fa qui riferimento, nella concezione di Stato, di comunità che sia questa riferibile a un'etnia o a una stratificazione sociale, ché può essere sovrano di sé stesso solo se dotato della caratteristica di Ente, ovvero di essere umano. Il che è impossibile perché trattasi in ogni caso di astrazione trascendentale.
“Si strappino i confini delle proprietà, si riconducano tutti i beni in un unico patrimonio comune, e la patria - unica signora, madre dolcissima per tutti - somministri in misura eguale ai diletti e liberi suoi figli il vitto, l'educazione e il lavoro”(3).
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Karl Marx, Critica della filosofia hegeliana del diritto pubblico, 1843.
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Cospirazione per l'uguaglianza, 1828, Filippo Buonarroti, rivoluzionàrio italiano naturalizzato francese, continuatore delle dottrine deiste di Johann Adam Weishaupt. Discendente di Michelangelo, il Buonarroti conobbe Robespierre e organizzò la congiura degli Eguali, che aveva lo scopo, come l’aveva Proudhon, di abolire la proprietà privata sostenendo, come Rousseau, che la terra non è proprietà di nessuno mentre i suoi frutti appartengono a tutti. Anche se lo furono documentalmente sia il nonno che il padre molti dicono, come per Diderot, che non fosse massone, ma fu sicuramente tra gli artefici della nascita, in Italia, della massoneria forestale, altrimenti detta massoneria del legno, ovvero la Carboneria e i suoi moti. Di certo era cultore di quel misticismo rivoluzionario che nasceva in quei tempi rifiutando l'ateismo (la religiosità rivoluzionaria è figlia del razionalismo antropocentrico cartesiano e vi fa successivamente riferimento lo stesso Feuerbach, quando critica l'idealismo assoluto tedesco), di quella sorta di culto dell'Essere Supremo, che per Rousseau, in preda a reminescenze panteistico bruniane, coincideva con Madre Natura, che Platone identificava nell'anima mundi, Hegel nello spirito assoluto e i massoni nel gàdu, il grànde architètto dell’univèrso.
cfr. http://ipercorsidellastoria.altervista.org/personaggio-filippo-buonarroti/, 09/2017
cfr. http://actualproof.wixsite.com/appuntidiviaggio/single-post/2014/04/13/La-massoneria-forestale-o-Carboneria-e-i-suoi-moti, 09/2017
“Il concetto di Stato è sempre esistito”
L'ego trascendentale è cosa recente nella storia delle comunità umane. Il concetto di contratto sociale si sviluppa non prima dell'epoca illuminista e i maggiori contrattualisti sono stati indubbiamente Locke, Rousseau, Montesquieu ma soprattutto Hobbes. Prima dell'illuminismo, di Stato non esisteva proprio il concetto. La monarchia non era e non poteva essere uno Stato, soprattutto per via delle presenti considerazioni a riguardo dell'astrazione trascendentale. Le città-stato, la polis dell'antica Grecia, erano qualcosa di profondamente diverso, anche se riportavano comunque anch'esse la concezione organicistica, platonica e preplatonica, di un kosmos naturale che trova una sua corrispondenza umana (il cosmo sociale) espressa in uno spazio istituzionale, e quindi astratto, ma intesa soprattutto come orizzonte della vita morale, in una sorta di "come in alto così in basso", una legge universale dal più antico sapore ermetico. Cosa, questa della morale, a cui fa riferimento diretto Kant con il suo "dover essere" della morale laica. L'organicismo forte nasce facendo uso di queste concezioni e proprio Hobbes lo esprime meglio di ogni altro, ripreso direttamente ed esplicitamente in best seller letterari sia nell'Ottocento, dall'autore americano di Moby-Dick, sia in tempi più moderni con tutta la letteratura orwelliana, che in tempi recentissimi dall'autore della nota trilogia: Matrix. Knapp scrive solo nel 1900, prima di lui la teoria statale non c'era e se è vero che furono i milesi a formulare la prima forma di astrazione trascendentale, l'organicismo forte e quindi la stessa concezione di Stato come espressione dell'evoluzione dell'idealismo è una novità che risale al più tardi al periodo post-rinascimentale.
L’ente e il tempo oggettivato
Sì, oggettivazione del tempo. Solo che la stessa definizione di tempo è controversa e molti sostengono che non esiste, nonostante sia questo il punto di vista di un essere coniugato all’infinito, che per “esistere” del tempo fa, eziologicamente, tranquillamente a meno. Noi sappiamo che il tempo è qualcosa di concepibile solo da un ente, un essente, un participio presente, ovvero un essere che per “essere” necessita di attualità, dell’esistenzialistico “qui e ora” di un tempo più soggettivo, agostiniano. L’ente è questo, e si differenzia dall’essere perché non è sempre stato e non sarà per sempre. Esso, anzi egli, è solo qui e ora, “hic et nunc”. Parafrasando Agostino, ma è la stessa cosa che Heidegger(4) sostiene e poi elabora ulteriormente, per l’ente, ovvero per l’uomo, passato e futuro sono “tempo pensato”, quindi non reale, non esistente, non più e non ancora, oggettivato ma non in una banale accezione epistemologica, materiale, bensì in senso noumenico, intelligibile, pensabile e quindi kantianamente contrapposto al concetto fenomenico di oggetto sensibile.
Per la fisica newtoniana e per l’empirismo galileiano, ovvero per la scienza moderna, il tempo è fenomenologicamente oggettivo, calcolabile, misurabile, e con l’orologio essa riduce il tempo a manifestazione fisica, epistemologico/esperienziale. Heidegger si oppone a questo tipo di oggettivazione, che così diventa sinonimo di materializzazione, perché riduce il mondo e l’uomo stesso a oggetto misurabile e quindi strumento dell’epistemologia, perché limitato al solo aspetto epistemologico, che gli anglosassoni notoriamente confondono con gnoseologia, e tramite questa concezione riduce l’epistemologia da forma di conoscenza a strumento di controllo per sé stessa, e il tempo ad asse cartesiano di uno spazio che da materialmente tridimensionale diventa, rimanendolo, materialmente quadridimensionale.
Insomma, il tempo non è materia ma può essere concepito solo da chi è immerso in un mondo materiale, Platone dixit. È per questa ragione che la moneta, che è tempo oggettivato, noumenicamente oggetto sociale che solo successivamente oggettivizza in modo fenomenologico nell’emissione monetaria(5), non può aver relazione ontico/ontologica con una divinità e/o con una creazione ex-nihilo.
Nella relatività ristretta, l'equivalenza tra massa ed energia conferma come l'archè di Eraclito, ovvero proprio l'energia, come principio primigenio e unico di tutta la realtà, sia anch’essa una concezione monistica dell'universo, ché è precisamente quella adottata dalla meccanica quantistica. Il punto è che l'energia NON è l'essere, e non lo è proprio perché la materia, ovvero l'energia, NON è spirito. L'energia è solo materia e non è nemmeno pensiero. Secondo la logica atomista il pensiero è un epifenomeno, che si manifesta attraverso organi corporei quali cuore, cervello, umòri vitali etc. ma questa è la visione preplatonica, materialista semplicemente nel senso che prima di Parmenide nessuno mai si era posto il problema, ivi compreso Anassimandro. La cartesiana res extensa, il soma, interagisce con la res cogitans, la psiche, cioè il soffio vitale ovvero l'anima umana (animale), che per i Greci è cosa diversa dal pneuma, cioè il puro spirito. Hegel riprende il concetto platonico di anima mundi e lo rende spirito assoluto, geist, una specie di iperuranio di origine deista dove il Demiurgo è sostituito dall'ugualmente organicista Stato etico, realizzando un ennesimo ouroborico circolo vizioso.
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Martin Heidegger, Il concetto di tempo, 1925, https://www.scribd.com/doc/119342853/Heidegger-Martin-Il-concetto-di-tempo-1924, 7/2017.
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L’oggettivazione merceologica, http://www.giacintoauriti.com/download/summary/2-download/21-l-oggettivazione-merceologica.html, 7/2017.
Il valore intrìnseco della fède
Il fatto è che creazionismo non è solo quello biblico così come fede non è solo teismo. Chi afferma che "il lavoro lo crea il privato, la partita iva, non lo Stato" (cit. Salvini, 31 gen 2015) non intende affatto smentire Engels e ancor prima Marx, che concepisce “l’uomo oggettivo, reale, come risultato del proprio lavoro”(6), ma tenta solo di mimare l'anima circuitista, endogenista, orizzontalista (il lavoro e quindi il denaro sono creati dalle partite iva finanziate dal credito bancario commerciale) del sovranismo, contro la quale lo stesso sovranismo si scaglia perché (o meglio quando) si identifica nel solo statalismo (lavoro e denaro sono creati dallo Stato, che spènde a dèficit e attraverso i titoli di Stato finanzia il credito delle banche commerciali, che finanziano le partite iva, che creano lavoro e danno valore ai sòldi pagandoci le tasse), che è l'altra anima sovranàr verticalista, esogenista dello stesso sovranèsimo di massa. Un dualismo quasi perfetto. Un'ambiguità quasi schizofrenica. A tutti gli effetti trattasi di utopia realizzata. Quella di considerare come complementari e non come antitetiche, le tesi circuitista e statalista, orizzontalista e verticalista al contempo. L'approccio è quello tipico dialèttico hegeliano del principio di contraddizione, quello famoso che si è perso il non(7), dell'eterna tensione tra presunti opposti che, non lo sa nessuno e nessuno deve saperlo ma trattasi di segreto di Pulecenièlla, in comune hanno la stessa materialistèrrima teoria del valore-lavoro.
Ed è la stessa cosa che fa il filosofo che difende la filosoficamente indifendibile meccanica quantistica(8), quella intesa come descrittore della realtà, non dicendolo ma solo quella esperienziale di una gnoseologia che coincide con epistemologia perché gl'anglofoni fan tutti così, che allo stesso modo di come fanno gli economisti propone come esistenziale e ontica la tensione tra opposti come il corpuscolare e il vibratorio, di fenomeni che però sono comunque solo ed esclusivamente fisici ma va bene così, perché tanto Pulcinella continua a non saperlo anche quando lo sa.
Questa cosa del rapporto contraddittorio tra persona fisica e giuridica fa il paio col concetto di ente, che in neolingua è parola tronca e vuol dire entestatàle, entepùbblico. Va da sé che trattasi dell'ente trascèso dell'ormai tradizionale idealismo e neoidealismo ma, sempre in neolingua, c'è il rifiuto anche della sola idea di pensare o anche solo dire qualcosa di diverso da quanto stabilito dalla neolingua stessa. Anche secondo la più attuale nomenklatùra, l'uomo non è ente ma banale "contatore geiger che ha sfortuna di provar dolore" e, come per Adorno, la coscienza, l'appercezione non ha prevalenza alcuna sulla realtà descritta dalla meccanica quantistica, e secondo rigoròsa logica hegeliana è di interesse secondario, il contatòr di particèlle, perché privo di pensiero. Come la natura, che non è più un participio futuro ormai da un bel pezzo ma sostantìvo. Sì, di una sostànza di tipo rigorosamente sensìbile e spinozianamente oggetto.
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Marx, Manoscritti economico-fìlosofìci del 1844.
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Leggendo la definizione del famoso principio risulta formalmente chiaro in cosa consiste la scomparsa del non, http://www.treccani.it/enciclopedia/principio-di-contraddizione_(Dizionario-di-filosofia)/, 7/2017.
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Corpuscolo e vibrazione sono entrambi fenomeni di tipo sensibile. Non esiste un non-quanto o perlomeno per non-quanto si intende l'assenza dello stesso e non una sorta di consistenza ontologica del suo non essere. Che lo sia come particella o che lo sia come onda, il quanto è fenomeno fisico in entrambe i tipi di misurazione, e proprio l'inesistenza del non-quanto smentisce la concezione eraclitea sulla "tensione degli opposti" cara alla (meta)fisica quantistica, quella che con il bosone di Higgs vorrebbe riaffermare le teorie milesi sull'origine materiale della realtà. Il fuoco di Eraclito, ovvero l'energia, non è fenomeno metasensibile. Lo stesso Planck, padre della fisica quantistica, prese nettamente distanza dal monismo, dall'esoterismo e dalla teosofia novecenteschi, che pretendono di assegnare una valenza esistenziale, ontica, a "princìpi" materiali, a meri fenomeni fisici. Max Planck era parmenideo, certamente non eracliteo, e non commetteva errori epistemologici così evidenti.
Conclusione
C'è una cosa da dire e ribadire, penso sia importante, a proposito di materia e sostanza di tipo sensibile, materiale, che esiste ma non in senso ontologico e di come il punto sia "solo" questo. Il concetto di razza non ha alcun senso ontologico/esistenziale e può influenzare solo chi delle categorie dell'essere, della differenza ontologica e tra accidente e sostanza non si chiede e non sa nulla. Confondere e mettere in relazione "spirito del popolo" e "razza" è precisamente come mischiare sostanza e accidente confondendo l'una con l'altro, e questo ha parecchio a che fare con l'anatema che Aristotele lancia all'indirizzo di chi confonde oggetto e soggetto eliminando la sostanza o meglio considerando tutto come accidente, fenomeno, e stravolge il principio base della logica, quello di NON(9) contraddizione.
“per Aristotele non è semplicemente un principio logico, ma ‘ontico’ od ‘ontologico’, perché affonda le sue radici nelle caratteristiche della sostanza. Infatti, egli osserva, tutti coloro che lo negano sopprimono la sostanza e l’essenza delle cose, perché essi devono necessariamente affermare che tutto è accidente … sopprimendo la sostanza essi sopprimono per ciò stesso il soggetto (ὑποκείμενον) della predicazione, perché se tutte le cose si dicono come accidente, non potrà esserci nulla che funga da soggetto primo degli accidenti, mentre l’accidente esprime sempre un predicato di qualche soggetto (1005 b 19-21 segg.). La conseguenza ultima di tutto ciò, secondo Aristotele, sarà l’impossibilità di dire alcunché di determinato. Infatti se relativamente a un medesimo soggetto sono vere, a un tempo, tutte le affermazioni contraddittorie, saranno la medesima cosa una trireme, una parete e un uomo, e tutte quante le cose si ridurranno a una sola.” (tratto da Treccani, vedi precedente nota n°7).
Il colore dei tuoi occhi è una caratteristica tua, del tuo essere, della tua persona. Ma non è, la tua persona. Se perdessi un occhio, o un braccio, io continuerei ad essere io nel mio essere umano. Sarebbe un "accidente" che mi è accaduto ma continuerei ad essere me stesso per intero, totalmente. Non mancherei di nulla. Gli accidenti "accadono", sono contingenti e quindi non necessari. Ecco, il colore dei tuoi occhi è un accidente, non è la tua essenza, la tua sostanza, che invece è solo la tua anima insieme al tuo spirito, umano, certamente non divino, non coniugato all’infinito ma, spirito. Allo stesso modo la razza, in quanto fatta (proprio come afferma il Manifesto della razza) di fenomenologia materiale, percepibile con gli organi di senso, che come tutti i sensori percepiscono SOLO fenomeni fisici, non può assurgere a soggetto come lo è lo spirito del popolo inteso come soggetto giuridico, che costituisce la "sostanza" della nazione e, come sappiamo, della moneta.
Come stabilisce proprio l'Art.1 del famoso manifesto, quindi, la razza è accidente, non è sostanza. E questo oltre a contraddire il principio basilare della logica e dell’ontologia contraddice proprio i principi fondanti dell'idealismo assoluto e della differenza ontologica espressa dallo stesso Heidegger, che ha preso a prestito da Platone prima di prendersi la famosa ubriacatura, che non è mai passata né a lui né tuttora a un sacco di altra gente.
Giovanni Moretti
30/09/2017