Cristo era democratico, socialista o fascista ?
Cristo, era socialista?
Sentiamo la necessità di rispondere al luogo comune, interessatamente coniato da parte socialista, per chiarire definitivamente la truffa culturale del nostro tempo che vuole qualificare Cristo come socialista.
Cristo, valutando la legge morale sotto il profilo dell’utilità, disse: <Fate la volontà del Padre mio che è nei cieli, il resto vi sarà dato in sovrappiù>, intendendo con ciò il principio del “conviene essere onesti, conviene essere giusti.”
Muovendo invece da una concezione economicistica, o utilitaristica, dell’etica, il socialismo ha detto: <È giusto quel che conviene.> Anche se le due formule possono sembrare formalmente affini balza evidente l’assoluta incompatibilità tra le due posizioni morali.
In proiezione giuridico-politica la scelta socialista trovava la sua naturale espressione nella formula elaborata dal famoso congresso dei giuristi sovietici, svoltosi a mosca nel 1938, che definì la concezione socialista del diritto come l’insieme di norme avente lo scopo di tutelare l’interesse della classe dominante.
Questa espressione presuppone che il diritto debba essere utile ad una parte (la classe dominante) e dannosa ad un’altra (la classe dominata). E ove si consideri cha la “dittatura del proletariato” è la dittatura del dittatore sul proletariato, per classe dominante deve intendersi il gruppo di potere.
Queste due posizioni dell’etica giusnaturalista e cristiana da una parte, e dell’etica marxista e materialista dall’altra, trovano piena corrispondenza nei due differenti regimi del diritto di proprietà.
La giustificazione etica del diritto di proprietà di tipo romano-cristiano sono i due comandamenti: non rubare e non desiderare la roba d’altri; la giustificazione etica della proprietà di tipo socialista è, invece il paradossale comandamento di Proudhon: la proprietà è un furto. Quest’aforisma, è perfettamente aderente al principio del “è giusto quello che conviene”, perché non v’ha dubbio che, economicamente parlando… il furto conviene al ladro. Non ci si può meravigliare, quindi, se la politica socialista storicamente si realizza mediante la pianificazione del furto legalizzato perpetrato dai governi in danno dei cittadini. Questi, infatti, si vedono espropriati della proprietà a favore del fantasma Stato che altro non è che la facciata dietro la quale si maschera la proprietà di pochi ladri che stanno al governo.
Da queste premesse consegue che quando si pretende realizzare, come auspicano, la repubblica conciliare, poiché non si può servire due padroni, si dovranno sostanzialmente mutare i due comandamenti cristiani, come abbiamo già in altra occasione rilevato. Infatti, una volta ridotta la proprietà a furto, secondo l’etica socialista, il settimo comandamento non rubare, diventa non essere proprietario, e il decimo comandamento diventa non desiderare la roba tua.
Come si vede la concezione economicistica si sdoppia sostanzialmente in due diversi e contrapposti comandamenti. L’uno valido per i ladri (i governanti), i quali affermano il proprio diritto al furti, l’altro valido per i cittadini che “eticamente” sono tenuti a farsi derubare.
È questo il momento in cui gli stessi socialisti di base pagano il prezzo della propria deformazione morale e culturale perché, una volta ridotta l’etica a derivato dell’economia, non si può ammettere altro sacrificio che quello economico.
Taluno ha ravvisato una certa affinità tra la struttura etico-giuridica degli enti ecclesiastici e quele delle aziende di Stato di tipo socialista (comunità collettivistiche quali Kolchoz, Sovchoz, Kibbutz, ecc.). Autorevoli teorici di diritto canonico hanno sostenuto, in questo senso, che la concezione mitica della proprietà nella Fondazione dell’Ente Ecclesiastico fu inventata da Papa Innocenzo IV per conciliare la povertà dei frati con la ricchezza dei conventi. In questa struttura, il voto di povertà dei frati era giustificato in quanto destinato al servizio della collettività dei fedeli. Ma quando si pretende, come avviene nel sistema socialista, che tutti i cittadini diventino “frati”, cioè facciano voto di povertà accettando di farsi derubare dai governi, i beneficiari dei sacrifici della generalità, per mancanza di altri destinatari, non possono essere altro che i “padri guardiani” dei governi socialisti.
I medesimi governanti, dunque, hanno interesse a pianificare una cultura di tipo socialista per consentire alle proprie pance di ingrassare sulla fame “eticamente purificatrice” dei popoli.
Secondo l’insegnamento cristiano e la tradizione del vecchio e nuovo testamento il destinatario dell’atto sacrificale, inteso come atto purificatore, non poteva essere altro che l’Ente Supremo. Ci si spiega così come l’ateismo sia insegnamento obbligatorio nelle scuole di oltre cortina, in quanto il potere politico nega “economicisticamente” la divinità. Il beneficiario del sacrifico economico, diventa così il capo dello Stato socialista, verso il quale esplode un sentimento di “reverenziale terrore”, che è il culto della personalità (leninismo, stalinismo, maoismo, castrismo e …. Castronerie del genere).
Dunque, una volta dimostrata l’incompatibilità tra cristianesimo e socialismo, si potrà ragionevolmente sostenere che Cristo era socialista solo a patto di riuscire a provare che Cristo fosse….anticristiano.
Cristo, era democratico?
Dopo il riconoscimento della legittimità costituzionale del divorzio sembra inevitabile, salvo miracolistiche soluzioni o differimenti, il pronunciamento popolare mediante referendum.
Su questo argomento molto è stato detto e scritto, sicché mi sembra che non meriti considerazione la notizia, se non per dire qualcosa di diverso se non di nuovo.
Com’è noto, lo schieramento cattolico, in nome dei principi democratici vuole il referendum, mentre gli ambienti laicisti sono prevalentemente contrari. Ed è ovvio che i cattolici puntino al referendum perché sorretti dalla certezza di vittoria.
Non possiamo esimerci, a questo punto, dal fare alcune considerazioni fondamentali, senza le quali la giustificazione etica del mondo cattolico potrebbe essere gravemente compromessa.
Quando, infatti, alla parola cristiano si aggiunge quella di democratico, potrebbe sorgere il malinteso per cui il cristiano democratico sarebbe tenuto a rispettare moralmente la volontà dell’eventuale (anche se improbabile) maggioranza che accettasse democraticamente il divorzio, sicché, in ultima analisi, egli sarebbe posto di fronte alla necessità, di scegliere alternativamente tra essere cristiano o essere democratico.
È chiaro che quando si afferma il principio della democrazia formale – quale oggi storicamente operante – si sostituisce al principio certo e immutabile dell’etica cristiana, la legge del numero che è finalisticamente neutra e quindi eticamente indeterminata.
In questo senso Benedetto Croce parlava esplicitamente di etica democratica come etica massonica e definiva il sistema democratico come sistema massonico-democratico.
La mancata percezione di questo pericoloso sofisma ha realizzato la penetrazione dell’etica massonica anche all’interno della Chiesa, con la conseguente contestazione della gerarchia e del primato del Papa.
Sicché questa nostra breve meditazione vuole in ultima analisi porre il quesito se il cristiano possa essere democratico e massone, ovvero se il massone possa essere cristiano.
Tanto più importante questa domanda ove si consideri che nel Vangelo, non una volta è usata la parola democrazia che pure era nata in Grecia sette secoli prima.
Non v’ha dubbio che se avessimo dovuto giudicare Cristo con la legge del numero (intesa come volontà democratica della maggioranza) avremmo dovuto condannarlo perché Egli, sulla Croce, fu l’espressione più drammatica e dolorosa della solitudine, quando nel rantolo dell’agonia diceva: “Padre, perché mi hai abbandonato?!”
Non sembri quindi scandalosa la nostra conclusione.
Ove non si dimostri che Cristo era democratico (o massone) il vero cristiano non può essere democristiano se vuole vivere ad imitazione di Cristo.
Forse la più grossa vittoria della massoneria sulla Chiesa di Roma è stata la costituzione della Democrazia Cristiana.
Se dovessimo giudicare Cristo con la mentalità del nostro tempo, una volta provato che non può essere democratico o socialista, non potremmo concludere altro che qualificandolo fascista.
Prima di discutere dell’attendibilità o meno di questa definizione va subito precisato che Cristo e il fascismo hanno in comune un principio molto importante, e cioè che la legge morale è quella che è, e non c’è volontà di maggioranza che possa modificarla.
Quando Cristo rampogna i mercanti del tempio, per aver trasformato la casa di Dio in una spelonca di ladri, e preso lo scudiscio li scaccia, Egli conferma questa verità.
Dal punto di vista puramente obiettivo e senza alcuna insinuazione che possa far pensare ad un paragone fra la “spelonca di ladri” e i nostri parlamentari, insinuazione che va esclusa perché balza evidente la chiara equivalenza dei concetti, la frusta usata da Cristo appare molto simile al “manganello”.
Secondo i sacri tromboni (maestri del diritto costituzionale dello Stato democratico) questo gesto di Cristo andrebbe criticato perché Egli avrebbe dovuto sottoporre all’assemblea dei mercanti, usurai e ladri, la possibilità di decidere con libere votazioni se restituire al Tempio la sacralità della casa di Dio ovvero conservargli le caratteristiche di “spelonca di ladri”.
Il fatto che Cristo abbia usato la frusta e che la gerarchia ecclesiastica abbia voluto con la DC la sostituzione del principio morale con quello maggioritario, dimostra ancora una volta come essa non abbia operato ad imitazione di Cristo.
Possiamo con ciò definire Cristo fascista?
Certamente no, perché a parte l’anacronismo storico Egli è al di sopra di tutte le fazioni politiche. Tuttavia, se proprio lo si vuole dimensionare nella politica del nostro tempo, non v’ha dubbio che, una volta dimostrato che non era né democratico né socialista, e postolo quindi fuori dall’arco costituzionale, non resterebbe altro che definirlo “fascista”.
Data l’enorme importanza di questa conclusione, che tuttavia appare la matematica conseguenza delle premesse, la consideriamo, per prudenza, come una “ipotesi di lavoro” mentre ci ripromettiamo di accettarla definitivamente o meno, dopo aver ascoltato le eventuali obiezioni che possono pervenire a questa redazione.
Tanto più importante questa rimeditazione poiché, ove mai risultasse accertato e stabilito che Cristo era fascista, in applicazione della legge Scelba i Procuratori della Repubblica dovrebbero procedere d’ufficio al sequestro di tutti i Vangeli ed il Ministro Taviani dovrebbe firmare il decreto di scioglimento di Santa Romana Chiesa, notificando avviso di reato al suo legale rappresentante Sua Santità Paolo sesto, procedendo contestualmente alla confisca di tutti i beni degli Enti ecclesiastici.