Frammenti accelerazionisti
Frammenti accelerazionisti
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Accelerazionismo è l'elemento comune tra futurismo surrealista e fasi finali del marxismo, dove “per superare il capitalismo bisogna accelerare le sue stesse tendenze”(1).
«Ma innanzitutto, cosa si intende per accelerazionismo? Come già suggerisce il nome, l’accelerazionismo, quantomeno quello “di sinistra”, è sintetizzabile nell’idea secondo la quale, per superare il capitalismo, bisogna accelerare le sue stesse tendenze, i suoi stessi elementi. In modo più generale, possiamo dire che, sin dal Manifesto per una politica accelerazionista di Alex Williams e Nick Srnicek (2014), si sia proposta l’idea che l’unico modo per superare il capitalismo sia quello di farlo “morire d’overdose”.»(2)
È quello del “fate presto”, da “distruzione della domanda interna”, da giustificazionismo imbecille, di Monti il bocconiano austèro che ispira fidùcia cattedràtica nei beoti, dei pianti della madamìn'ha di San Carlo Canavese prestata alla politica, ora dimenticato dai coglioni (sì, ho detto coglioni) che facevano il tifo, che hanno fatto il tifo anche per il bugiardo di Firenze, e che sono gli stessi che nel '93 lanciavano monetine a Craxi e facevano il tifo per Checiazzècca, l'ennesimo magistrato pieno di ideologia fino agli occhi, giustizialista e illetterato, e che un paio di giorni fa hanno (ri)votato per l'espropriaziòne proletària delle terze case inutilizzate sulla base di un misto stomachevole tra: avversione alla tesaurizzazione da parte però del lavoratore defraudato ed espropriato del plusvalore e, reminescenza proudhonian marxiana, “la proprietà è un furto”, dove per proprietà però s’intenda non quella dei mezzi di produzione e comunque non da parte della cittadinanza, ...ecco, quello NON è accelerazionismo così come lo intendevano Marx e Nietzsche, ma è più simile a quello di un fascismo dalla politica tributaria produttivistica, quello che già nel ’25 ottenne il pareggio di bilancio tagliando drasticamente la spesa pubblica, alleggerendo però la pressione fiscale(3). Un fascismo marinettiano, da quota 90, da new deal rooseveltiano, quello, appunto, del '29, quello che una nuova era era iniziata, di nuovo appunto, di nuovo quello e di nuovo era(4).
Dal frammento accelerazionista di Nietzsche: "il «livellamento» dell’uomo europeo è il grande processo che non si deve ostacolare: bisognerebbe accelerarlo ancora di più”(5).
I complottàri, va da sé, noterebbero assonanze kalergiàne ma l'intenzione del filosofo tedesco, come probabilmente anche quella dell'austriaco-giapponese autore di "Paneuropa" nel 1923, era altra. L'accelerazionismo di Nietzsche ricorda molto di più quello che Kant manifesta nel suo saggio dove parla di "pace perpetua" e universale, riprendendo la concezione stoica ripresa anche dai cristiani, ed è curioso come scriva questo saggio durante la rivoluzione francese, prima dell'avvento dell'era degli Stati nazionali e repubblicani, anzi, proprio in corrispondenza della nascita di quell'era.
Una cosa simile si nota in Kafka nel reperto “La comunità degli operai nullatenenti”, dove in uno slancio tipicamente distopico propone il concetto di bene comune e associazione di lavoratori dell’ideale di uguaglianza adottato nei kibbutz israeliani a partire dal 1909. Ricorda da vicino il localismo decrescista latouchiano(6) ed è curioso come questo scritto kafkiano di un’utopia sociale sia del 1918, periodo storico del pieno avvento del bolscevismo e adozione dell’ideale sociale della Sobornost ortodossa nell’ideale leninista (7).
Hai presente il ciclo economico descritto da Marx così come si presenta dopo la doppia metamorfosi in chimera ontico luterana? Ecco, quel ciclo d-d fa a meno della stessa “merce speciale” ambiguamente rappresentata sia dal denaro che dal “lavoro cristallizzato”, quello che Costanzo Preve(8) e prima di lui Gianfranco La Grassa(9) identifica non più in una classe operaia e proletaria, come da concezione marxiana, ma in un “lavoratore collettivo” di concezione più universalistica che comprende in sostanza tutti gli uomini e che ricorda molto da vicino il “general intellect” che Marx(10) introduce nel frammento sulle macchine(11).
Ed è un accelerazionismo diverso nelle intenzioni, quello che ritroviamo in Keynes e in White nel proporre l'idea di una valuta universale e “socialista” che da bancor diventa dollaro. Tuttavia, auspicare la fine del predominio del dollaro non vuole affatto dire che White fosse “the bad guy” e Keynes fosse invece “the good one”. Non c'è alcun bisogno di un cambio fisso e né tantomeno, parafrasando Kant, di una moneta “perpetua e universàle”. I due “Coppi e Bartali”, coppia dialèttica di Bretton Woods, entrambi facce di una stessa medaglia, erano semplicemente accelerazionisti. Sì, accelerazionisti della serie: “per superare il capitalismo bisogna accelerare le sue stesse tendenze”.
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Giovanni Moretti
note
(1) Alex Williams e Nick Srnicek, Manifesto per una politica accelerazionista, 2014, https://syntheticedifice.files.wordpress.com/2013/11/manifesto-accelerazionista1.pdf.
(2) Yuri Di Liberto, Un’Utopia del godimento? Deleuze, Lacan e Accelerazionismo, 2016, http://www.ladeleuziana.org/wp-content/uploads/2016/12/Di-Liberto.pdf.
Paolo Davoli e Letizia Rustichelli, antologia a cura di Matteo Pasquinelli, Obsolete Capitalism. Dromologia, bolidismo e accelerazionismo marxista. Frammenti di comunismo tra al-Khwarizmi e Mach, 2015, https://www.academia.edu/16136674/Obsolete_Capitalism_Dromologia_bolidismo_e_accelerazionismo_marxista._Frammenti_di_comunismo_tra_al-Khwarizmi_e_Mach.
(3) cfr. Alberto De' Stefani, Una riforma al rogo, Giovanni Volpe Editore, Roma (1963).
(4) Alexander Hamilton è stato segretario del ministero del Tesoro americano ed è vissuto nella seconda metà del Settecento. Gli statalisti contemporanei, i neostatalisti, tutti, hanno rimosso la memoria storica del fatto che proprio gli americani, a partire dagli esiti del Bank Panic del 1907 hanno separato la politica fiscale da quella monetaria, introducendo e definendo il mercato primario e quello secondario, dei titoli di Stato, rendendoli nettamente separati, rendendo la banca centrale totalmente indipendente dal potere politico e sancendo il divieto da parte dello Stato di finanziarsi attraverso la Banca Centrale. Posso capire che la cosa dispiaccia ed è pur vero che anche tutte senza distinzioni, le più disparate correnti sovraniste dai neofascisti ai neomarxisti neoleninisti e neorossobruni, sostengono la necessità di controllare la politica monetaria, alcuni lo chiamano quarto potere dello Stato, da parte del Governo, ma per poterlo fare è necessario abrogare tutti i banking act finora emessi dal Congresso, quando però è proprio il Congresso ad averli fortissimamente voluti! In questo contesto, riproporre un Chicago Plan o anche la sola Glass Steagal abrogata negli states negli anni 90, quando questa è uno dei provvedimenti adottati nel banking act del '33, e cioè proprio quello che stabilisce in via definitiva il "divorzio" tra politica e banca centrale, tra politica fiscale e politica monetaria negli usa, e da lì a pochissimi anni (in Italia nel '36) in tutto il mondo, è paradossale e contraddittorio farlo proprio mentre si afferma anacronisticamente che la politica monetaria del FED è controllata dal Congresso o che lo sono la BoE, la BoJ o che lo è stata la BdI tra il ‘75 e l’81 non prima e non dopo.
cfr. http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/frame.jsp?tipodoc=Emend&leg=17&id=969472&idoggetto=985821.
(5) I forti dell'avvenire: il frammento accelerazionista di Friedrich Nietzsche nell'Anti-Edipo di Deleuze e Guattari - WM 898 e/o FP VOL.VIII TOMO II (105) 9 [153] Autunno 1887, http://obsoletecapitalism.blogspot.it/2015/08/i-forti-dellavvenire-il-frammento.html
(7) Reiner Stach, Questo è Kafka? 99 reperti, Adelphi, 2016, Illusioni, pag. 218
Reperto 72, La comunità degli operai nullatenenti
Doveri:
1) Non possedere o accettare denaro né preziosi. Solo il possesso dei seguenti beni è consentito: un abito quanto più semplice possibile (da stabilire nei dettagli), il necessario per il lavoro, libri, viveri per uso personale. Tutto il resto appartiene ai poveri.
2) Guadagnarsi da vivere con il solo lavoro. Non sottrarsi ad alcun lavoro per il quale - senza pregiudizio della salute - le energie siano sufficienti. Scegliersi il lavoro da sé o, se non è possibile, attenersi alle disposizioni del Consiglio dei lavoratori, che sottostà al governo.
3) Non lavorare in cambio di altro compenso che non sia l'indispensabile per il sostentamento di due giorni (da stabilire in dettaglio a seconda delle zone)
4) Massima sobrietà della vita. Mangiare solo ciò che è assolutamente necessario, per esempio - come salario minimo, che in un certo senso è anche il salario massimo - pane, acqua, datteri. L'alimentazione dei più poveri, il giaciglio dei più poveri
5) Considerare il rapporto con il datore di lavoro come un rapporto di fiducia, non richiedere mai l'intervento dei tribunali. Portare a termine a ogni costo qualunque lavoro intrapreso, a meno che non vi si oppongano seri motivi di salute
Diritti:
1) Limite massimo dell'orario di lavoro: sei ore; per il lavoro fisico: dalle quattro alle cinque ore
2) In caso di malattia e di inabilità al lavoro per vecchiaia, ricovero in strutture pubbliche: case di riposo e ospedali
La vita lavorativa come questione di coscienza e di fiducia nel prossimo.
Donare allo Stato i propri averi per la costruzione di ospedali, ricoveri.
Esclusione, almeno pro tempore, dei lavoratori autonomi, dei coniugati e delle donne
Il Consiglio (grave incombenza) funge da mediatore presso il governo
Anche nelle imprese capitalistiche, meglio poveri
là dove si può essere d'aiuto, in zone abbandonate, ospizi per i poveri insegnanti
Tetto massimo cinquecento uomini
Un anno di prova
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Non è dato sapere se questo disegno di un'utopia sociale, concepito nella primavera del 1918, traesse origine da un'immediata sollecitazione esterna. Ma non vi è dubbio che Kafka, con Operai nullatenenti (il titolo è suo), alludesse ai dibattiti interni al sionismo sui nuovi modelli sociali ed economici da adottare nella colonizzazione ebraica della Palestina (si noti il richiamo ai datteri come alimento base). Fra il 1917 e il 1918 apparve una gran quantità di contributi dedicati alla questione delle cooperative operaie e dei coloni; a pubblicarli fu anche la rivista «DerJude», diretta da Martin Buber, che Kafka leggeva con regolarità.
Quanto alla significativa esclusione delle donne, che nessun sionista davvero pretendeva, Kafka decise probabilmente d'impulso. Come infatti dimostra il manoscritto, egli pensò in un primo momento di escludere solo i lavoratori autonomi e i coniugati, ma si corresse durante la stesura del testo. Nella ricezione di Kafka questo abbozzo politico è stato quasi del tutto trascurato. Un'eccezione degna di nota è quella di André Breton, che si rifece a Kafka nel dicembre del 1948, durante un incontro organizzato a Parigi dal Rassemblement démocratique révolutionnaire sul tema Internazionalismo dello spirito. Nel manoscritto del suo discorso si legge:
Franz Kafka, che alcuni di noi ritengono il più grande veggente del secolo, auspicava alla fine della sua vita la nascita di «comunità di operai nullatenenti», ciascuna delle quali limitata a cinquecento individui. Costoro si sarebbero impegnati a non possedere o accettare né denaro né oggetti di valore, a condurre una vita quanto più semplice possibile, a lavorare solo in cambio di un salario che garantisse la mera esistenza, ma con l'impegno di portare a buon fine il proprio lavoro e di ripristinarlo, agli occhi del mondo, quale atto di fiducia e fede nei confronti degli altri. Ciò che qui si richiede all'attività professionale in genere, bisognerebbe esigerlo senza indugio anche dall'attività intellettuale.
(8) Preve nel criticarlo mette in bocca a Kant concezioni ideologiche marxiste, decisamente non kantiane. Per Kant il fenomeno non è reale come lo definisce Preve al contrario del noumeno che per Preve è ideale. Per Kant, come per tutti gli studiosi delle categorie dell'essere e delle sostanze sensibili e non sensibili, il fenomeno è semplicemente un accidente, non il "reale" come afferma Preve. Relegare il concetto di "reale" agli accidenti fisici è banale, diderottiano, democriteo monismo materialista e null'altro, e cioè una filosofia. Inoltre, affermare che scindere reale e ideale è tipico delle società classiste ed è per questo che la filosofia di Hegel e Marx è odiata, è un sofismo bello e buono, basato su una visione, questa sì, ideologica, della stessa filosofia. Marx, nel suo periodo maturo critica fortissimamente il misticismo dialettico di Hegel giudicandolo una forma di materialismo del tutto astratta. Per dirla con Althusser: "È una critica della filosofia hegeliana in quanto speculazione, in quanto astrazione, una critica condotta in nome della problematica antropologica dell’alienazione: una critica che richiama dall’astratto-speculativo al concreto-materialista, cioè una critica che resta serva della problematica idealista di cui si vuol liberare, una critica che appartiene dunque alla problematica teorica con la quale Marx romperà nel 1845.". Preve è hegeliano e a suo avviso la "filosofia" di Marx è fondamentalmente la stessa. Vico criticava Cartesio, suo contemporaneo, come precursore del deismo illuminista, criticando il suo "penso dunque sono" come equivalente a limitarsi all'identità di pensante e pensato, riducendo l'ontologia a mera autocoscienza. Precisamente la cosa che ha fatto Fichte con la sua "dottrina della scienza", concependo l'oggetto come un non-soggetto proprio alla maniera del Sofista di Platone, mettendo insieme noumeno e fenomeno, e cioè a dire, parafrasando Preve, "reale" e "ideale". Preve è un monista dialettico e anch'egli, come sia Hegel che Marx, tende a unire sul piano ontico ciò che è unificabile solo sul piano ontologico.
cfr. Costanzo Preve, Considerazioni attuali sul rapporto fra la filosofia classica tedesca ed il marxismo, http://www.kelebekler.com/occ/prevekant.htm
cfr. Le robinsonate di una cosa in sé, https://www.facebook.com/notes/giovanni-moretti/le-robinsonate-di-una-cosa-in-s%C3%A9/10156390766634269/.
(9) cfr. Gianfranco La Grassa, http://www.conflittiestrategie.it/estratti-dal-capitale-capitolo-vi-inedito-e-libro-iii-formazione-di-societa-per-azioni-commentati-da-g-la-grassa.
(10) L’ideologia tedesca, Marx, Engels, 1846, https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1846/ideologia/capitolo_II.html.
Questa «estraniazione»; per usare un termine comprensibile ai filosofi, naturalmente può essere superata soltanto sotto due condizioni pratiche.
Affinché essa diventi un potere «insostenibile», cioè un potere contro il quale si agisce per via rivoluzionaria, occorre che essa abbia reso la massa dell’umanità affatto «priva di proprietà»
e l’abbia posta altresì in contraddizione con un mondo esistente della ricchezza e della cultura, due condizioni che presuppongono un grande incremento della forza produttiva, un alto grado del suo sviluppo;
e d’altra parte questo sviluppo delle forze produttive (in cui è già implicita l’esistenza empirica degli uomini sul piano della storia universale, invece che sul piano locale) è un presupposto pratico assolutamente necessario anche perché senza di esso si generalizzerebbe soltanto la miseria
e quindi col bisogno ricomincerebbe anche il conflitto per il necessario e ritornerebbe per forza tutta la vecchia merda,
e poi perché solo con questo sviluppo universale delle forze produttive possono aversi relazioni universali fra gli uomini,
ciò che da una parte produce il fenomeno della massa «priva di proprietà» contemporaneamente in tutti i popoli (concorrenza generale), fa dipendere ciascuno di essi dalle rivoluzioni degli altri,
e infine sostituisce agli individui locali individui inseriti nella storia universale, individui empiricamente universali.
(11) Frammento sulle macchine di Karl Marx, http://www.intertwine.it/it/read/YmogFQU3/frammento-sulle-macchine-di-karl-marx.