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L’evasione fiscale. Ipotesi e null’altro

Confindustria ha lanciato la proposta: ”tassare il prelievo del contante superiore a € 1.500,00 mensili per combattere l’evasione” che, intendiamoci, esiste e studi hanno dimostrato come sia più in voga nei paesi dalla pressione fiscale estrema, come per esempio in Italia.

Si pensa che l’evasione fiscale, per l’anno 2016 (i dati definitivi ISTAT sono aggiornati al 2016) sia stata pari a € 107.522.000.000,00 (1). Se è vero che la pressione fiscale rappresenta circa il 41,6% del PIL, che è concetto differente rispetto al totale fatturato, occorrono dei calcoli per cercare di risalire alla quantità di fatturato non emerso.

Infatti il PIL si ottiene sommando i fatturati e sottraendo il valore della produzione intermedia che è compresa nel prezzo finale del bene finito. Il fatturato tiene conto di tutta la produzione dei beni e servizi senza considerare l’invenduto (infatti sono rimanenze) e il valore della produzione tiene conto di tutto ciò che si è prodotto, ossia fatturato più giacenze di magazzino e lavori in corso.

Il PIL 2016 è stato pari a € 1.672.438.000.000,00 (2) e il fatturato complessivo del 2016 è stato di € 2.950.803.000.000,00 (3). Quindi il rapporto tra PIL/Fatturato 2016 è stato del 56,68%. Questo sta a significare che € 1,00 di fatturato contribuisce alla formazione di € 0,57 di PIL. Così nel 2016.

Ora, grazie a queste informazioni possiamo cercare di risalire al fatturato sommerso presunto e vien fuori che il PIL mancato è pari a € 258.466.346.136,00 il che ci dà la possibilità di verificare che il fatturato sommerso è di € 456.009.784.996,00. Quindi, senza la presunta evasione avremmo avuto i seguenti dati:

PIL 2016 senza evasione: € 1.930.904.000.000,00 c.a.

Fatturato 2016 senza sommerso: € 3.406.812.000.000,00 c.a.

Confindustria quindi sostiene che in Italia avvengono operazioni cosiddette in nero per 456 miliardi di euro a causa del contante. Di tutto il contante.

Secondo il Bollettino Statistico della Banca D’Italia del febbraio 2017 (4) il circolante a dicembre del 2016 era pari ad € 190.421.000.000,00. Quindi, sempre secondo Confindustria, i 190 miliardi di euro di contante hanno contribuito a un PIL mancato di 258 miliardi di euro con una velocità di rotazione di 1,35, ossia questo contante ha cambiato di mano 1,35 volte in un anno.

Ma come è possibile calcolare la velocità di rotazione della moneta? La teoria quantitativa ha provato a dare una risposta a questa domanda, teorizzata da Irving Fischer nel 1911, con la quale si sostiene che il potere di acquisto della moneta dipende dalla quantità di moneta in circolazione. La teoria quindi pone un altro tassello anche per la determinazione dell’indice generale dei prezzi. Partendo dalla formula MxV=PxQ, dove M e la Moneta in circolazione, V e la velocità di rotazione della Moneta, P è il livello generale dei Prezzi e Q e la Quantità di beni e servizi presenti sul mercato.

Perché inflazione? Perché, fermo i valori di M, P e Q, se aumenta la Velocità di circolazione di moneta (il passaggio da una mano a un’altra mano) aumenta il livello generale dei prezzi. Quindi V=(PxQ)/M. Si è soliti misurare la V partendo dal PIL, pensando che Prezzi moltiplicato Quantità renda il valore del PIL, ma è più corretto calcolarlo sul volume d’affari, in quanto, come detto prima, il PIL è un dato che non tiene conto delle produzioni intermedie, mentre il fatturato complessivo tiene conto di tutte le fasi della produzione venduta, produzione che appunto viene pagata con la moneta in tutti i suoi passaggi. A dirla tutta, quando un cliente paga una fattura di un proprio fornitore, paga anche l’IVA, che sì, non rappresenta né un costo e né un ricavo, ma incide sul movimento di denaro. In Italia le aliquote IVA più utilizzate sono 4%, 10%, 22%. Ipotizzando un’aliquota media del 18% ed aggiungendolo al fatturato sommerso otteniamo il valore di 538 miliardi di euro. Quindi V=538,091/190,421= 2,83.

V=2,83 ci rende l’ipotesi di Velocità del fatturato sommerso liquidato con il solo contante.

Se volessimo analizzare il fatturato ufficiale, sempre aumentato con l’aliquota IVA ipotetica al 18%, in rapporto con tutti gli strumenti monetari a disposizione per effettuare i pagamenti (contante+assegni+bonifici, ecc..) avremmo questi dati:

Fatturato 2016  + IVA 18% = 3.481.947.540.000,00

Moneta 2016 in circolazione = 1.234.777.000.000,00 (4) Tav. 1.2a

V=3.481,947/1.234,777 = 2,81

In generale si ipotizza che il contante abbia una velocità di circolazione maggiore degli altri strumenti ma, in questo caso sembrerebbe proprio di no, anzi, è sostanzialmente uguale. Il dato ottenuto ci indica, invece, che le stime di evasione, di fatturato sommerso, non coincidono con il confronto con i dati ufficiali. Possiamo affermare che secondo questi dati l’evasione non provenga tutta, o buona parte, dall’esistenza del denaro contante.

Sarebbe più corretto parlare di lotta all’evasione partendo dal meccanismo dall’elusione.

Una cosa è certa, ci sono evasori totali che per l’anagrafe tributaria non esistono e poi ci sono quelli che esistono ma che interpretano la normativa fiscale in modo elusivo (vedi per esempio le grandi multinazionali che dichiarano i redditi nei paradisi fiscali).

Ma allora come vengono fuori queste cifre di presunta evasione? Appunto, da dati presunti. Leggendo la pubblicazione del Sole24Ore (5) scorgiamo che vi sono due metodi:

  • Diretto (interviste campionarie, auditing, confronto dei redditi di piccoli imprenditori con reddito dei loro dipendenti)
  • Indiretto (modelli economico-statistici, approcci macroeconomici)

In Italia si utilizza il metodo indiretto con dati desunti dall’ISTAT e dall’Agenzia delle Entrate. La metodologia è, per le stime del PIL, suggerita dall’Eurostat, che comunque raccomanda l’utilizzo dell’approccio italiano che identifica un minimo ed un massimo di evasione, sempre in base a delle stime.

“Il sistema è regolato da un insieme di regole contenute all’interno del Regolamento SEC 1995 (Approvato con Regolamento del Consiglio Europeo n. 2223/96)(6) in linea con le direttive mondiali elaborate congiuntamente dalle Nazioni Unite, dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Commissione Europea, dall’OCSE e dalla Banca Mondiale. L’approccio dell’ISTAT non consente, di stimare, la perdita potenziale di gettito derivante da strategie di elusione e da frodi, né di ricostruire l’ammontare di imponibile non dichiarato con riferimento a specifiche imposte.

L’unica alternativa valida resta il controllo reale delle situazioni effettuando verifiche reali e non presunte e recuperando da chi ha veramente evaso ed eluso e su questo produrre dei dati che permettano di costituire un quadro più certo e non un’ipotesi. Nel diritto vigente vi è sempre la presunzione di innocenza salvo prova contraria mentre nel diritto tributario vige il principio dell’inversione dell’onere della prova. Questo, per esempio, significa che mentre in un processo normale, che sia penale o civile, l’accusa o la parte attrice deve portare prove a carico del presunto colpevole, nel diritto tributario è il contribuente a dover provare di non aver evaso nel caso vi sia un accertamento desunto dai vecchi studi di settore ora sostituiti dagli ISA.

Quanto detto fino ad ora si riferisce all’analisi delle cose come stanno in questo momento ma, sappiamo, che con la Tesi del Valore Indotto e della Proprietà Popolare della Moneta tutto l’impianto del diritto tributario, se non annullato, verrebbe profondamente riformato.

Ma allora perché attaccano il contante? Chi scrive ritiene che tutti i sistemi di pagamento debbano essere liberi di essere utilizzati, è senz’altro un segno di libertà poter scegliere quale metodo utilizzare. C’è da aggiungere che contanti o metodi tracciabili di pagamento non cambiano la natura attuale della moneta, ossia che contrariamente a quanto sostiene qualcuno quando afferma che la moneta appartiene a chi ce l’ha in tasca, tutta la moneta è invece emessa a debito ed a richiesta e che deve essere restituita, è endogena ed emessa a debito. Quando non si ha la proprietà della moneta può accadere che non ci si possa eventualmente opporre alla limitazione del suo utilizzo. Un esempio? Se si è proprietari della propria casa certamente non ci sarà mai nessuno che possa obbligarvi ad uscire da quella casa. Se si è proprietari della moneta che si ha in tasca (e non solo detenuta come avviene ora) mai nessuno potrebbe obbligarci a non poterla utilizzare. La moneta, essendo convenzione e fiducia generata dal pensiero umano è un bene equiparabile all’aria, all’acqua ed ognuno ha diritto di possederla pro quota. Invece, ora è del sistema bancario, che la emette prestando e che la riottiene indietro anche per il tramite del sistema fiscale.

È possibile ritenere che dietro la colpevolizzazione relativa all’evasione fiscale si celino altre motivazioni, non solo inerenti l’aumento delle commissioni derivanti dall’utilizzo della moneta elettronica o del controllo completo della vita dei contribuenti (cosa che già avviene in quanto ad aprile di ogni anno l’Agenzia delle Entrate viene in possesso del resoconto del saldo iniziale e finale dei nostri conti correnti) ma anche altro e comunque tutte insieme non sono da escludere.

 

25/09/2019, per la Scuola di Studi Giuridici e Monetari Giacinto Auriti,

Dott. Massimiliano Scorrano

 

Note

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(1) https://www.agi.it/fact-checking/evasione_fiscale_italia-5492617/news/2019-05-17/

(2) https://www.istat.it/it/files/2017/03/CS_pil_indebitamentoAP_marzo2017.pdf

(3) https://www.istat.it/it/files/2018/11/Report-Risultati-economici-imprese-2016.pdf

(4) https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/moneta-banche/2017-moneta/statistiche_BAM_09022017.pdf

(5) http://www.diritto24.ilsole24ore.com/avvocatoAffari/mercatiImpresa/2012/09/i-metodi-per-misurare--levasione-fiscale-e-il-fenomeno-italiano.php?refresh_ce=1&fbclid=IwAR0ok68OhlFCaiCI__tG3tvf5ki8ZTSStengf97Dcj06xjHxDiUi16GZgZk

(6) https://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CONSLEG:1996R2223:20090610:IT:PDF