T.I.N.A.: There is no alternative
I sanguinosi conflitti che hanno infiammato il mondo negli anni ricompresi tra le due guerre mondiali, non sono altro che espressione della tensione sociale del sempreverde scontro tra Capitale e lavoro. Detto in termini marxisti, si tratta della rivalità tra padroni e classe produttrice, rappresentata tanto dal salariato quanto dal piccolo imprenditore.
Alcuni intellettuali riassumono la questione distinguendo tra chi vive nell'agio grazie alla spesa pubblica e chi deve sopravvivere riempiendo i cordoni della borsa.
Il nodo del problema attiene al tema della produzione e successiva redistribuzione della ricchezza. Esso viene sostanzialmente affrontato e disputato tra chi crede che l'intero sistema debba essere diretto centralmente dalla macchina statale e chi sostiene che lo Stato debba limitarsi a dettare linee generali entro le quali i singoli sono preposti al soddisfacimento dei bisogni della collettività. Grosso modo, con enormi semplificazioni, il sistema si riduce a questo.
Durante tutto il periodo della "guerra fredda" la divisione era netta e si parlava di "bipolarismo". Da una parte gli Stati Uniti d'America, considerata la terra del libero mercato, dall'altra il blocco sovietico. Tale stato di cose si rifletteva anche in politica, quando la distinzione tra destra e sinistra aveva un senso. Con il dissolvimento del blocco sovietico, anche la politica si è confusa, perdendo la propria identità. La contrapposizione, a ben guardare, è solo apparente in quanto l'esperienza ci ha sempre restituito un mondo a parte riservato alla massa della popolazione, ovvero, alla classe produttrice, sempre er dirla in termini marxisti. Per un lungo periodo l'immagine di un popolo prono rispetto a chi esercita il potere non ha albergato nei nostri pensieri, ma più passa il tempo e maggiore è la forza con la quale riemerge questa cruda realtà.
Per capire come sia stato possibile, giova rispolverare la memoria storica. Fino agli inizi del 1900, l'accesso alla proprietà privata era riservata al dieci per cento della popolazione. Questa deteneva oltre il novanta per cento delle ricchezze globali. Il nuovo Patto Sociale scaturente dai conflitti, vide affermarsi una situazione del tutto nuova, ovvero la nascita del ceto medio. Quest'ultimo, rappresentante il cinquanta percento della popolazione, aveva accesso al trenta per cento circa della ricchezza mondiale; il dieci per cento più ricco beneficiava del sessanta per cento della ricchezza prodotta. Restava escluso, o quasi, il resto del mondo.
Un ruolo di primo piano, al quale si deve l'emergere della nuova classe, venne svolto dall'imposta progressiva, principale strumento di redistribuzione della ricchezza. Con la crisi petrolifera degli anni '70 la sovraproduzione dovuta alla fine del ciclo espansivo post bellico, le conquiste sindacali, il Capitale perde profitti.
La Costituzione italiana ottenuta dai nostri nonni ha rappresentato una tregua, una sorta di patto sociale che tenta una conciliazione tra padroni e popolo nel contempo fornendo una conquista di importanza fondamentale, lo Stato sociale: sanità, previdenza, istruzione ecc.. L'élite aveva bisogno del popolo per riprendere il ciclo di accumulo, tale è la ragione che li fece scendere a compromessi, dando vita allo "Stato liberal-democratico", un compromesso tra economia di mercato ed economia pianificata.
Il noto filosofo e politologo Norberto Bobbio sosteneva che "il liberismo nega la logica della democrazia, la democrazia nega la logica del liberismo, tuttavia nessuno dei due può esistere senza l'altro". In altri termini, la Carta Fondamentale era l'ago della bilancia tra le due opposte anime.
L'affermarsi della new economy, la dematerializzazione, lo sviluppo della finanza, ha svuotato il potere contrattuale della classe operaia trascinando con sé, anche il ceto medio. Sono pertanto man mano venute a mancare le ragioni che imponevano alla classe dominante una soluzione di compromesso con il popolo.
Il mondo che usciva sconvolto dal conflitto mondiale risultava così diviso: da una parte i paesi orbitanti intorno all'asse comunista sotto l'egida del Trattato di Varsavia, dall'altra i Paesi a Trazione Usa rivestenti la forma della democrazia parlamentare e professanti l'economia di mercato.
Per legare l'Occidente al modello a stelle e strisce vennero siglati gli accordi monetari di Bretton Woods del 1944, i quali rappresentavano una sorta di "vincolo esterno".
La mentalità largamente diffusa di allora, in quanto vissuta sulla carne viva, era che la guerra rappresentasse il "sabotaggio massimo". Essa negava l'approvvigionamento dei beni di consumo, così l'aspirazione era quella di aumentare il commercio internazionale per diffondere quanto più possibile il benessere economico.
I principi del sistema di Bretton Woods prevedevano la cancellazione di dogane, autorizzazioni, tariffe, sistema spesso sostituito, nel nostro Paese, dalla concessione di agevolazioni, credito agevolato, fondi, salvataggi pubblici, ecc..
Non è un caso che il crollo degli accordi sopra ricordati abbia coinciso con gli anni del terrorismo rosso degli anni'70, quando di fatto il vincolo crollò e numerosi furono i tentativi per far transitare il nostro Paese sotto l'influenza esercitata dalla cortina di ferro. Nel corso degli anni '80 numerosi provvedimenti traghettavano il mondo Occidentale verso un sistema sempre più integrato all'insegna dell'internazionalizzazione dei mercati. In questo senso vanno interpretati la nascita del mercato dei Titoli di Stato, la fine del Piano Sportelli, il famigerato divorzio di Bankitalia e così via. L'intento era quello di consolidare la compenetrazione e la codipendenza tra le economie Occidentali e lo Zio Sam. Cruciale per i Paesi Europei fu la firma del Trattato di Maastricht, che imponeva lo smantellamento del patrimonio pubblico, e con esso la morte dell'economia mista, per mano di un corposo piano di privatizzazioni. Il fine è giungere ad un modello di "Stato minimo", avvalendosi del tramite del lavoro flessibile (noti sono i piani "jobs act") e della mannaia della stabilità dei prezzi.
Il massacro dell'economia reale avrebbe avuto l'effetto di aumentare i valori di borsa, grazie alla depressione di salari e stipendi, il che può anche leggersi come distruzione della classe media. Nel nostro Paese la vecchia classe politica si opponeva all'internazionalizzazione che avrebbe dato in pasto il nostro sistema produttivo ai giganti stranieri, un confronto ritenuto perso in partenza. È in questa chiave che, probabilmente, va letta la parentesi di tangentopoli, ossia il tentativo da parte del nostro Paese di restare ancorato al sistema dell'economia di mercato.
Ad ogni buon conto il treno con destinazione "finanziarizzazione dell'economia" era partito. Ormai è chiaro che l'élite non ha più bisogno del popolo. Viene pertanto a mancare il sottostante che imponeva alla classe dominante una soluzione di compromesso con le masse. Ecco spiegato il perché la nostra Carta fondamentale è, sempre più spesso, lettera morta.
Come direbbe Lenin viviamo ora la fase della "centralizzazione", ossia dello spoglio di quanto prodotto dalla classe lavoratrice in favore dell'élite.
Il Capitale si sta riprendendo tutto e con gli interessi. Nel corso degli anni ottanta l'élite cala l'asso dalla manica: decisa ad implementare il suo potere, dà il via ad un'ampia deregulation trascinando verso il basso i salari. La Thatcher e Regan, furono funzionali al massiccio travaso verso l'alto di ampie fette di reddito nazionale. Gli strumenti utilizzati furono quelli delle privatizzazioni, della depressione salariale, dello smantellamento del sistema sanitario ecc.. La disfatta della working class è avviata ed il compromesso sociale è ormai un paziente in coma, tenuto artificialmente in vita per mezzo della new economy.
Gli eventi geopolitici che contribuirono a ridisegnare il sistema furono il crollo del muro di Berlino prima, e il disgregasi dell'Urss poco dopo.
Il mostro del Capitale rialza la testa ed appare così sempre meno necessario il permanere del patto sociale che fungeva da collante della tregua tra servi e padroni. Tant'è che con l'adesione al processo europeo, si sono sottratte agli Stati nazionali, prerogative sempre maggiori; una fra tutte la leva del cambio monetario.
In questa lotta geopolitica per il dominio mondiale un ruolo di primo piano spetta alle multinazionali, veri e propri avamposti di destabilizzazione del corretto funzionamento del mercato e della democrazia. "In un'economia libera è compito dell'imprenditore aggregare i fattori produttivi offrendo ai consumatori i prodotti che desiderano".
Il sistema funziona, a patto che il processo di formazione dei prezzi non sia inquinato da posizioni di carattere dominante> (Roberto Scarpinato, in Pref. al "ricatto dei mercati" di Lidia Undiemi Ed. Ponte alle grazie).
Ed ecco che nello scacchiere mondiale, nel confronto Usa -Cina, there is no alternative, ossia o guerra o cinesizzazione dell'economia. Questa è la scelta che si impone per contrastare l'ascesa del dragone, almeno in questo sistema fatto di servi e padroni.
cfr. Cinquant'anni di vita italiana, Guido Carli, Laterza.
cfr. Il ricatto dei mercati, Lidia Undiemi, Ponte alle Grazie
20 Gennaio 2021, per Scuola di Studi Giuridici e Monetari "Giacinto Auriti", dott.ssa Sara Lapico