La rarità monetaria vista dal contadino
La rarità monetaria vista dall’usuraio e dal contadino (di Giacinto Auriti)
Un errore strategico le riduzioni fiscali proposte da Pedro Solbes sul Corriere della Sera.
La rarità monetaria vista dall’usuraio e dal contadino Giacinto Auriti.
Pedro Solbes (Commissario uscente dell’UE) ha detto che “in generale le riduzioni fiscali vanno coperte con tagli di spesa, senza peggiorare la situazione del deficit e del debito” (Corriere della Sera, 2-4-’04, p.3). Ha proposto così, all’attenzione dell’Europa, un errore strategico, col falso problema della ingiustificata salvaguardia della rarità monetaria. E si sa che gli errori strategici sono i più deleteri perché portatori di morte.
Poiché ogni unità di misura deve avere la qualità corrispondente a quella dell’oggetto misurato, come il metro ha la qualità della lunghezza perché misura la lunghezza, la moneta deve essere rara perché sono rari, c.d. “economici”, i beni di cui misura il valore. Il problema della rarità monetaria incontrollabile, esisteva quando la moneta era d’oro o convertibile in oro perché la rarità dell’oro era condizionata dalla legge fisica della sua esistenza e dall’alto costo di produzione del metallo a caratura programmata.
Con l’abolizione della convertibilità e della stessa riserva (fine degli Accordi di Bretton Woods, 15 agosto 1971) la rarità monetaria non è più condizionata da leggi fisiche, ma programmata, a costo nullo, dalla banca centrale (che stabilisce la quantità ed i tempi dell’emissione monetaria in prestito e/o il ritiro di liquidità dal mercato con i prelievi fiscali ed il saldo dei crediti). Poiché il potere d’acquisto della moneta è condizionata dalla legge della rarità, si impone la necessità di stabilire se è la rarità della moneta che deve essere condizionata dalla rarità dei beni, o se è la rarità dei beni che deve essere condizionata dalla rarità della moneta. Per rispondere a questo quesito è opportuno portare un esempio elementare.
Quando voi andate a comprare un paio di scarpe commisurate i piedi alle scarpe o le scarpe ai piedi? L’usuraio pretende di imporre scarpe strette e quindi, se necessario, tagliare i piedi come propone il Governo Berlusconi: “…E per far cassa il governo studia il taglio degli aiuti alle imprese”(!!!) (cfr. Corriere della Sera, 2 Aprile ’04, p.3).
Mentre l’usuraio vuole controllare piedi, più grossi possibili, con le scarpe più strette possibili, per aumentare il più possibile il contenuto podologico delle scarpe – cioè il potere d’acquisto della moneta – il contadino, giustamente, pretende scarpe comode a giusta misura dei piedi il che significa adeguare la rarità della moneta alla rarità dei beni ed agli incrementi produttivi e non viceversa. In queste circostanze abbiamo la possibilità di giudicare tutti: governi, ministri, magistrati, sindacati ecc. per distinguere chi sta dalla parte dell’usuraio e chi dalla parte del contadino.
Merita di essere citato in proposito un fondamentale insegnamento di Ezra Pound:
“Dire che uno stato non può perseguire i suoi scopi per mancanza di denaro è come dire che un ingegnere non può costruire strade per mancanza di chilometri”.
Emerge comunque la necessità di sostituire alla banca centrale la funzione monetaria come quarto potere costituzionale dello stato. Come si sa, la banca centrale è una S.p.A con scopo di lucro e quando si pretende di gestire la sovranità monetaria con scopo di lucro, si cade necessariamente nella logica dell’usuraio e del calzolaio che promuove la politica delle “scarpe strette”. Su questa linea, purtroppo, sono tutti unanimemente d’accordo.
L’unica differenza che distingue Berlusconi, Fini, Tremonti, Maroni, Solbes e l’U.E. sta solo nello stabilire il grado di “strettezza delle scarpe”. Speriamo che ci consentano di camminare, sia pure zoppicando.
Fonte: www.abruzzo-press.it (domenica 4 aprile 2004)