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L’attività bancaria

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Come si procura denaro il settore pubblico? È vero che lo Stato crea moneta dal nulla?

Anzitutto chiariamo in cosa consiste l’attività bancaria.

Il pubblico convincimento è persuaso del fatto che l’attività bancaria consista nella raccolta di provvista (moneta), successivamente impiegata per erogare prestiti. Una sorta di trait-d’union tra coloro che possiedono liquidità e coloro i quali ne fanno richiesta. In realtà, la funzione primaria della banca è più articolata di così, essa riguarda sì la funzione creditizia, ma nel senso più rigoroso del termine che si esplica nella creazione monetaria.

La banca commerciale che, ricordiamo, è un’impresa privata attende un duplice compito: quello di emissione di moneta e quello di attività finanziaria che si occupa di raccogliere ed impiegare il risparmio dei cittadini. Quest’ultima attività viene esplicata attraverso i fondi di investimento.

Come spiega CONSOB, i fondi comuni d’investimento sono strumenti gestiti da società di gestione del risparmio, le cosiddette Sgr, che riuniscono le somme dei risparmiatori, convogliandole in un unico patrimonio e investendole in svariate attività finanziare ad es: acquisto di titoli di debito pubblico.[1]

I risparmi provenienti da attività lavorative vengono trasformati cioè in quote ideali, inglobate in certificati cartacei per disporne la libera circolazione. I titoli di debito pubblico a loro volta consistono nella rappresentazione in titoli del credito ottenuto da famiglie ed imprese. La massa monetaria, lungi dall’essere incrementata, rimane immutata nel quantum. Infatti il mio risparmio non è più disponibile, in quanto gestito da terzi che lo incanalano nei circuiti finanziari, al fine di aumentare o decrementare il valore nominale, puramente convenzionale, dei titoli di debito altrui. L’attività finanziaria genera un reddito o capital gain che viene pagato quando qualcun altro si indebita.

In onore al notorio principio per il quale la banca emette solo prestando dovrebbe risultare agevole comprendere che tutta la liquidità a disposizione del risparmiatore è generata dal debito di qualcun altro. Si parla infatti di moneta endogena, cioè nascente dalla domanda degli operatori economici, siano essi famiglie e/o imprese. Tale è la ragione per cui il debito mondiale supera di circa il 327% il pil globale[2]. Prima si genera il debito attraverso la richiesta di prestito e poi si avvia il circuito economico che dovrebbe ripagare, nel tempo il buco iniziale.

In tutto questo giocano un ruolo rilevante gli interessi, i quali procedono inesorabilmente in progressione geometrica, dunque esponenziale, un sistema che a nostro parere non ha nulla da invidiare all’anatocismo.[3]

Si tratta di un vero schema Ponzi del debito che sta in piedi finché è possibile abbassare il tasso di interesse. Il sistema però è vorace, e pertanto l’abbassamento del tasso di interesse viene compensato incrementando quanto più possibile il prelievo fiscale. Quando diventa impossibile perpetrare il deleverage del tasso di interesse, l'unico mezzo per reflazionare l'economia consiste nella distruzione creatrice di schumpeteriana memoria. Si impone cioè, un riassetto economico e finanziario tale da poter rimettere in moto l’industria del profitto. Nei casi più drastici interviene la guerra, a riportare all' anno zero il sistema di credito debito.

È importante ribadirlo: la finanza non crea moneta ma strumenti finanziari che possono raggiungere l’economia reale oppure altra speculazione fine a se stessa, vedi il fenomeno bitcoin. Si può dire che l’attività finanziaria consiste in un mezzo per inglobare il potere d’acquisto e permetterne la sua libera circolazione. Il potere bancario si concentra dunque non solo in fase di emissione, perché è la banca decide SE e quanto credito erogare creandolo in base alla capacità del prenditore di ripagare una mera appostazione contabile attraverso il proprio lavoro, ma anche in fase di gestione dei risparmi, perché i gestori hanno la possibilità di decidere quanto e quale debito rifinanziare.

In questo quadro è anacronistico parlare di democrazia perché un potere enorme è concentrato in poche mani. Sono i mercati che gestendo i debiti degli Stati hanno il potere di imporre questa o quella legge, sotto ricatto di non rifinanziare il debito. Abbiamo visto questo meccanismo all’opera in maniera palese proprio poco tempo fa in Grecia.

La banca emette precipuamente moneta scritturale, ossia consistente in una mera appostazione contabile che funge da moneta in quanto incontra la fiducia delle persone. Notiamo qui un macroscopico rovesciamento dei fatti. È la fiducia riposta l’un l’altro dai consociati a creare il valore della moneta (o per essere più precisi a indurre il valore), qualsiasi forma essa assuma, anche se dematerializzata ma, formalmente, è la banca che viene investita della creazione del valore che senza la società non potrebbe esistere.

Come viene classificata legalmente questa moneta e qual è la sua natura giuridica? Possiamo equiparare questo mezzo bancario alla fede di deposito? Certamente no.

Art.1790 c.c. < I magazzini generali, a richiesta del depositante, devono rilasciare uuna fede di deposito, delle merci depositate…>.

Come si può leggere la fede di deposito è caratterizzata dalla caratteristica dell’attualità: essa infatti presuppone che vi sia un oggetto depositato, elemento non riscontrabile nella moneta scritturale.

Se ne deduce che essa sia più assimilabile ad una cambiale, strumento caratterizzato dalla promessa futura di pagamento e quindi comportante il rischio di insolvenza.

Il titolo cambiario o pagherò sposta nel tempo un’obbligazione prevedendo per allora di avere i mezzi solutori che nel presente mancano.

La cambiale quando emessa da una persona fisica o giuridica (non da una banca) gode di una specifica tutela giuridica. Essa conferisce in caso di insolvenza, il diritto in capo al creditore, di potere di aggredire il patrimonio del debitore insolvente. Da un lato è prevista una tutela giuridica, dall’altro si rimane liberi di accettare oppure no la cambiale come mezzo di pagamento, senza trascurare l’aspetto psicologico: quando si riceve una cambiale in qualche modo si accetta un eventuale rischio di insolvenza. Nel caso della moneta scritturale, invece, l’opinione pubblica è del tutto all’oscuro dei meccanismi sottesi.

Ora la moneta scritturale bancaria non prevede affatto che all’attivo vi sia un oggetto attuale depositato (cassa). Essa è una vera e propria passività senza cassa, ossia un pagherò che sposta nel futuro l’obbligazione assunta dalla banca e che circola come fosse moneta, grazie alla fiducia che la società accorda alla banca, non viceversa.

Azzardiamo a dire che trattasi di un vero e proprio falso giuridico. Infatti in caso di insolvenza della banca, il cittadino non ha nessuna titolarità ad aggredire le attività della stessa, anzi, corre il rischio di incappare nel bail-in, ovvero nell’azzeramento dei propri sudati risparmi. Non basta: il cittadino non gode nemmeno della libertà di scegliere se accettare o meno detta “moneta”, perché le regole del gioco sono quelle che abbiamo poc’anzi esposto.

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 Scuola di Studi Giuridici e Monetari “Giacinto Auriti”

 

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